non è un PE per negozi di abbigliamento

non ho mai capito perché alcuni negozi non collaborino più spesso tra loro per avere nuovi clienti e fidelizzarli sempre più. Bada bene, io sono una consumatrice come te. Però spesso mi ritrovo a vedere come, nel 2020, aziende, negozi, piccole attività di paese o provincia, si ostinino a non voler utilizzare web e social come risorsa, ma li vedano ancora come unica fonte di cazzeggio puro.

Eppure grazie a una scheda su GoogleMyBusiness puoi farti trovare, raccontandoti sui social in una certa maniera ti fai conoscere. Ma niente. Beh richiede fatica fare queste cose, seppur semplici. E’ uno sbattimento continuo.

Devi crearti un calendario delle cose da fare. Devi avere in mente un obiettivo chiaro e definito da raggiungere e non solo il classico e nebuloso “guadagnare di più”.

Ora dopo tutto questo preambolo, mi sono sempre chiesta perché i negozi di abbigliamento non facciano delle partnership con i negozi di scarpe, accessori, bijoux e persino trucco e parrucco.

Mi spiego meglio.

Si sa che in alcuni periodi dell’anno ci sono delle cerimonie fisse da affrontare. Es: battesimi, comunioni, matrimoni, cresime. Ecco già con queste date si potrebbero fare delle calendarizzazioni dei contenuti che si possono/vogliono creare.

Poi ci sono occasioni come il vestiti per una cena tra amiche, un aperitivo, una gita in montagna, al mare… Insomma ci vestiamo tutti i giorni non è difficile trovare un motivo per mettere in mostra online la propria vetrina.

Puoi iniziare anche prendendo punti a penna o con dei post-it su quei calendari da scrivania giganti che ti permettono di scrivere qua e la. Non far confusione però. I post-it sono utili perché li puoi spostare.

Dicevo.

Un negozio di abbigliamento potrebbe di base parlare della propria storia, della filosofia adottata, come sono confezionati gli abiti, come si può accorciare un pantalone o un paio di maniche. Ancora, come creare degli short, può persino raccontare la storia delle stoffe. Insomma, ha una marea di cose da dire.

Come entra in gioco la collaborazione con un altro negozio affine? Innanzitutto bisogna volerlo. Perché a far le cose di controvoglia passerebbe la voglia anche a un santo. Quindi ipotizziamo che tu che hai un negozio di abbigliamento destinato a pubblico X, dica al negozio di scarpe perché non proponiamo un abbinamento di vestiti e scarpe?

Ad esempio per occasione Y le scarpe Z. Oppure come rompere gli schemi del tacco 12 con uno da 6 o con una sneakers.

Ecco che qui si taggano, si mettono in evidenza i negozi. Così magari se io sono interessata solo al paio di scarpe vado in un negozio, se voglio tutto vado da entrambi. Ma attenzione! Le persone sono pigre. Quindi perché non offrire il servizio di fargli provare tutto l’outifit in un unico negozio?

E se poi si trova la persona giusta, si potrebbe anche creare un makeup per quel tipo di vestito e persona che lo indossa.

In pratica bisogna col-la-bo-ra-re. E’ facile? Dipende. Darà i suoi frutti? Si vedrà. Sarà stancante? Lavorare di base stanca.

Fantastico troppo? Può essere. Sono abbastanza creativa. Ma è anche vero che a quanto pare non si vende più come una volta e bisogna ingegnarsi.

Sono stanca di

Dover faticare sempre il triplo degli altri per fare le cose. Ogni cosa costa un dispendio di energie enorme.

In più ho una coordinazione motoria che fa schifo. Devo sempre trovare nuovi modi per fare le cose più semplici e sono stufa. Non ce la faccio più.

Una cosa facile e semplice io me la merito.

Qualche mese fa

Mi hanno regalato un cucciolo di Jack Russell. C’è chi mi diceva che sarebbe stato vivace come tutti u cuccioli ma io dicevo di no.

Insomma, fatto sta che non mi hanno ascoltato e mi sono ritrovata con sto cane. Gli voglio un bene dell’anima ma per chi ha difficoltà a camminare anche se ha 6 protesi, come me, non è il cane ideale.

È davvero troppo energico e io non sempre riesco a stargli dietro con la disciplina e la fermezza che serve. No, non voglio commenti di persone che dicono che con i cani basta solo un po’di amore perché in questi mesi mi sono resa conto che non è così.

Certo alla base c’è amore, perché io adoro il mio cane anche se è un terremoto ma obbiettivamente è faticoso da gestire. Specie quando non sono in forma.

Dirai:”lascialo perdere quando non ne hai voglia o stai male”. Ok. Sì, potrei farlo ma poi mi ritroverei un cane che ha già di base un carattere forte, che non riuscirei più a gestire.

Insomma, io un cane più mite e più facile da gestire me lo meritavo. Tutto qui. Come mi merito che mi ascoltino un po’ di più ma ormai su questo ho perso le speranze.

Le persone che giudicano

Indirettamente non mi sono mai piaciute. Sarà che sono io più sensibile del solito un questo periodo, o non sempre so rispondere a tono come dovrei, ma chi ti fa sentire di merda non lo sopporto.

Ok, molto probabilmente è un problema mio e non degli altri però in pratica stamattina è andata così.

Son andata al parchetto a far correre il cane, anche se oggi sono più zoppa e dolorante del solito.

Francamente dopo 6 protesi non riuscire a camminare bene per dei dolori alle ossa del piede mi fa sentire uj po’presa per il culo dalla vita. Ma vabbè, lasciamo stare.

Insomma, mentre il cane passeggiava e correva beato per i fatti suoi, sono arrivate due signore con i rispettivi cani.

La mia cucciola, proprio per la sia giovane età e perché è stata socializzata come si deve con i cani, si avvicina per salutare e fare amicizia. Apriti cielo! Le sciure hanno iniziato ad agitarsi. Non capivano che quello è il modo dei cani per salutarsi, conoscersi.

Insomma, hanno iniziato a dirmi di prendermi il cane. Di attaccarlo al guinzaglio, di fare questo, quello. Ma io facevo fatica a muovermi,e avendo anche la stampella con me, se non sei stupida (o forse sì), capisci che potrei impiegare più tempo del previsto.

Ed è qui che arriva il giudizio. Perché guardavano come a dire:”sei già malata, zoppa e hai anche un cane che non sai tenere al guinzaglio? Ma sei seria?”

Mi hanno educato a non rispondere male alle persone anziane e in un certo senso tollerare, ma penso che seguirò il consiglio di mia zia:”digli di andare a cagare la prossima volta”.

Ci resto male

Ci resto male quando capisco che non sono la persona preferita del mio cane.

Ci resto male quando dopo 6 protesi mi fanno male le ossa del piede e zoppico vistosamente. Anzi in questo caso mi sento presa per il culo visto dopo tutto quello che ho fatto.

Ci resto male quando dopo anni, ancora non riescona superare alcuni miei limiti.

Tutto questo mi fa venire una voglia matta di urlare fino a cadere per terra sfinita.

Testamento biologico: decido io in caso di…

Da piccola andavo a curarmi in un ospedale pediatrico di Milano che aveva uno degli ascensori più vecchi e scenografici che avessi mai visto. Nello stesso reparto c’erano dei bimbi col cancro. Avevo imparato a riconoscerli perché avevano la mascherina, niente capelli e i miei genitori mi dicevano che non dovevo giocare con loro perché erano deboli e avrei potuto contagiargli qualcosa.

“Stai lontana che gli passi i baballotti (batteri, virus)” diceva mio babbo.

Eppure io li ritenevo fortunati perché avevano una camera d’ospedale tutta per loro e non dovevano dividerla con nessun altro bambino e mamma. Non avevo capito proprio nulla ma all’epoca ero pur sempre una bimba di 6-7anni.

Io non volevo contagiare niente a nessuno. Ero curiosa e volevo solo giocare.

I genitori dei bimbi con la leucemia erano più apprensivi dei miei. Capii presto il motivo. Se dalla camera usciva il bimbo con i genitori, questi ultimi avevano gli occhi tristi ma vivi. Se dalla camera non usciva nessun bambino e i genitori piangevano curvi su loro stessi. Voleva dire che quel bimbo o bimba, non ce l’aveva fatta.

Mi chiamo Marta, ho 34 anni e ho iniziato a vedere ospedali, dottori, malattie e morte un po’ troppo presto per i miei gusti. Perché ti sto raccontando questo? Perché crescendo ho visto vari tipi di malattie e condizioni invalidanti date da traumi improvvisi o patologie che cambiano la tua vita in un attimo.

Per questo voglio parlarti del testamento biologico, biotestamento o DAT (dichiarazione anticipata di trattamento). Chiamalo come ti pare, il significato è lo stesso. Se te lo stai chiedendo sì è quello che in America chiamano DNR. Di sicuro l’avrai sentito e visto in Grey’s Anatomy.

Io sono a favore della compilazione del biotestamento. Non possiamo decidere di cosa morire ma possiamo scegliere cosa fare della nostra vita e morte in determinate circostanze. Mi spiego meglio. Se per motivi come una malattia terminale, un arresto cardio-respiratorio, un trauma cerebrale invalidante e irreversibile, una demenza, uno stato di incoscienza, un coma non sarò più in me, non potrò dire ai dottori fatemi morire in pace e non attaccatemi a nessuna macchina. Non voglio misure straordinarie.

Oh io parlo per me. Poi se tu vuoi essere attaccato a delle macchine per respirare, mangiare, bere, fare pipì etc. fai pure. Siamo in un paese libero e nessuno può obbligare l’altro, ci mancherebbe.

Compilando il testamento biologico oltre che facilitare il compito ai medici, eviti di far in modo che persone a te care non riescano a ricevere notizie dello stato della tua salute e che invece le sappiano persone della tua famiglia con le quali per qualsiasi ragione, avevi tagliato tutti i ponti.

Esempio. Un ragazzo ha un incidente stradale ed entra in coma. Solo la sua famiglia, con la quale non aveva neanche un buon rapporto, potevano entrare in rianimazione. La sua ragazza no. Se invece avesse compilato il testamento biologico avrebbe potuto decidere oltre a che misure far prendere ai dottori per la sua salute, chi avere accanto e chi no.

Ora hai capito perché ti dicevo puoi decidere come vivere la morte in quelle determinate circostanze?! Sono decisioni da prendere quando si è ancora in grado di intendere e volere e sopratutto in salute.

Puoi compilare il biotestamento in autonomia o farti spiegare dal tuo medico di fiducia i passaggi del modulo che non capisci.

Dovrai scegliere 2 persone di fiducia a cui affidarne una copia. In questo modo se per qualunque motivo non si dovesse trovare la tua copia, ci sarà il fiduciario che lo sventolerà con fare trionfale.

Oltre ai fiduciari, devi portarne una copia al tuo comune di residenza senza pagare bolli o tasse, dove si spera sia attivo il registro. Se no son cazzi. Purtroppo siamo quasi nel 2020 e ancora il registro non è presente in tutte le città. Anzi, non ce n’è neanche uno a livello nazionale in modo che il medico che ti prende in carico sappia subito se l’hai compilato e quali direttive hai dato.

Ciò che hai espresso nel testamento biologico lo potrai sempre modificare o revocare in ogni momento.

Hai questo strumento, sii davvero consapevole di come utilizzarlo io l’ho fatto.

Testamento biologico: cosa c’è da sapere

Ci sono patologie o traumi dati da incidenti che purtroppo interrompono la nostra vita lasciandoci degli strascichi come una fase terminale, una lesione cerebrale invalidante e irreversibile, coma, incoscienza e un utilizzo continuo di macchine per respirare e altro.

Il testamento biologico o DAT (Disposizioni Anticipate di Trattamento) non è un documento di morte. Sì, è il modulo DNR che in America si usa da tanto tempo e che spesso vedi nei film o nei medical drama.

Il biotestamento o DAT è un documento dove tu decidi come vivere la tua morte prima che qualcun altro lo faccia al posto tuo se ti dovessi ritrovare in situazioni che ti portano a stare in uno stato di incoscienza, terminale, coma, demenza, stato vegetativo. Tutte condizioni dove non puoi parlare, dire la tua, sentire la fame, la sete e dire non voglio vivere attaccato alle macchine fatemi morire in pace oppure fate di tutto per tenermi in vita.

E’ una dichiarazione personale da compilare quando stai bene.

Io non voglio che qualcuno decida per me e non rispetti le mie volontà di come morire se mi dovessi ritrovare in condizioni di non poter dire la mia. Non voglio che alcune persone possano avere notizie del mio stato di salute e altre no.

Preferisco decidere il tutto quando ancora ho la lucidità per farlo e decidere chi può sapere come sto e chi no. E in più voglio che qualcuno si batta per me per far rispettare le mie volontà se ci dovesse essere un familiare o chi per lui che si ostina a volermi tenere attaccata a dei macchinari.

Del tipo che arriva uno o entrambi i fiduciari sventolando le mie volontà con fare melodrammatico ma di un’efficacia disarmante. Oppure che si scoprano le mie volontà controllando il registro presente nel comune di residenza.

Esempio pratico

Pin* non ha più contatti con tutta sua famiglia o alcuni membri di essa, è in coppia con una persona. Ha un grave incidente stradale che l* porta a uno stato di incoscienza, terminale, coma, demenza, stato vegetativo. Per legge la persona che frequenta Pin* non è la sua famiglia, moglie o marito quindi non potrà avere in modo diretto dal medico che lo ha in cura, notizie sulla sua salute. E non potrà neanche far valere le sue volontà di morire e non ricorrere a procedure straordinarie se mai Pin* gliele avesse espresse a voce perché non c’è un biotestamento compilato, firmato e consegnato e inserito nel registro del comune di residenza. Bada bene il registro non è ancora attivo, purtroppo, in tutti i comuni italiani.

Non ci sarà nessun documento che si batterà per Pin* e le sue volontà da rispettare in una situazione del genere. A meno che non si voglia andare per avvocati.

Io compilerei il DAT solo per evitare tutto sto circo.

Posso compilare il biotestamento da sol*?

Sì. Non è complicato. Ma se vuoi avere dei chiarimenti su alcuni passaggi o procedure da accettare o non accettare, puoi sempre chiedere informazioni a un tuo medico di fiducia.

Lo devi compilare, consegnare a due persone di cui ti fidi per far rispettare le tue volontà quando non avrai piena coscienza di te per decidere determinate cose che trovi nel modulo. E’ un documento che aiuta anche i dottori a prendersi cura di te in situazioni complesse dove tu non potendo parlare non puoi dire la tua.

Io decido come vivere fino alla fine, tu?

 

Perché si abbandona una cura?

Ho letto questa notizia della Società Italiana di Reumatologia: 4 pazienti su 10 non prende la terapia in maniera costante.

Io quando leggo ste cose sclero e non so mai da dove iniziare. È un argomento gigante.

Perché? Perché proprio come c’è scritto alla fine dell’articolo scritto sul sito della SIR (società italiana reumatologia) se ci fosse un miglior rapporto medico paziente quasi la metà dei pazienti non rischierebbe di avere deformità articolari, dolori, rigidità, rabbia perché non riesce a fare nulla, perdita di giornate lavorative, prese in giro perché lo vedono come scansafatiche etc.

Se ci fosse un buon dialogo medico paziente e una vera consapevolezza di cosa comporta e a cosa può portare questa patologia, non ci sarebbero questi dati.

A volte i medici non spiegano (anche se sono pochi), i pazienti non chiedono o quando hanno i dubbi e bisogno di confrontarsi con i propri specialisti alcuni diventano introvabili. E il paziente si sente perso.

Ma non è tutto qui. Ne ho sentite tante di persone che dicevano “ohi questa medicina la sto prendendo da una settimana e non mi ha fatto niente. Io la lascio e non lo dico neanche al dottore. E lo cambio (il medico) che quello mi dà cose che non funzionano”.

Se ci fosse davvero il dialogo tra medico e paziente, il medico saprebbe spiegare che alcune cure hanno bisogno di tempo per poter funzionare. Se il paziente fosse più sul pezzo, chiederebbe quanto ci mette il farmaco X ad agire. Come combatte l’AR. Che casini fa l’AR al proprio corpo. E dico di farlo con quei dottori che non ti dicono nulla.

Se il medico si mostrasse più empatico arriverebbe persino a far capire che l’AR se non FERMATA porta a diventare invalidi.

Se il paziente fosse più consapevole di questo non salterebbe un giorno di cura. Chiederebbe al medico dopo quanto tempo ci dobbiamo preoccupare e pensare al piano B?

Se… È tutto un se… Fortuna non tutti i medici sono così e neanche tutti i pazienti.

È una malattia che ti può portare alla sedia a rotelle se non addormentata in tempo. Sì, ti sto spaventando. Ne sono consapevole perché l’ho provato su di me.

Ecco perché mi incazzo.

Curati, parla col tuo medico, chiedi, cerca il dialogo e non fare coglionate. Son pur sempre farmaci non caramelle.

Embolo

[Jerry Polemica + nonna Abelarda = embolo]

Hai presente quelle persone che stanno bene da sempre, hanno un problema di salute gestibile niente di grave, cronico o mortale e si lamentano?! Ti ricordano ogni 2 minuti che sono “malate”, stanno male, prendono delle medicine (oddiooooo 10 giorni di cortisone. Quella è una medicina POTENTE!), fanno delle file per ritirare farmaci (ah guardi signora mia, io invece vado solo per controllare se annaffiano le piante) o stare dietro alla burocrazia sanitaria italiana.

Facci caso. di solito capita sempre mentre stai aspettando il tuo turno da qualche parte. C’è sempre qualcuno che si attiva e si gioca la cartella clinica 😂. Parte con qualcosa di classico come l’artrosi cervicale, la pressione o la malattia di un parente. Poi qualcuno che risponde. Da li è tutto un giocare al rialzo. Pura competizione.

E io li che non so se ridere o piangere. Vorrei reagire in 2 modi ma non so mai quale scegliere

A) dirgli che è la mia vita da 3 decenni
B) giocarmi l’asso dell’essermi ammalata a un anno 😂 + la cartella clinica di qualche amica. Vediamo chi vince?

Ora io rido e scherzo ed è vero pure io parlo dell’argomento malattia&co. però, dopo un po’ lascio stare. Che palle! PLIN PLON, vorrei ricordare alla gentile clientela che c’è altro nella vita.

Non sei la tua malattia. A prescindere da quello che hai. Ce l’hai e non andrà via. Purtroppo è così. Pensa ad altro.

Cosa puoi fare?
Puoi camminare? Ottimo!
Puoi lavarti da sol*, gestire una casa, condividere una cena con gli amici, giocare con nipoti, lavorare, uscire come e quando ti pare, avere una vita sociale decente, fai sesso, ami, puoi essere d’aiuto per il prossimo? Ottimo³!

Forse non puoi farlo come prima, hai delle limitazioni, il tuo corpo ti manda a cagare se lo sforzi e ha ragione. Ma se sei stat* bene, fanculo. Recupererai.

Piantala di lamentarti SEMPRE.

C’è chi ha tutto il diritto di farlo perché si sente una merda dentro, il suo futuro è più nero di quello che credi e pensa non può neanche lamentarsi come vorrebbe.

E sai che fa, sfodera il suo miglior sorriso anche quando è l’ultima cosa che vorrebbe fare.

Come raccogli qualcosa di morbido da terra senza pinza

“Ma se non ho la pinza raccogli oggetti, come prendo una cosa da terra?” Ciascuno ha la sua tecnica.
Oggi ti faccio vedere quella che uso per raccogliere un qualcosa di morbido da terra.

Va bene per chi ha una mobilità della schiena che gli permette di piegarsi in avanti senza restare bloccat*
– può inchinarsi
– arriva quasi a toccare il pavimento
– ha un minimo di equilibrio e si sente sicur* stando per pochi secondi su di un piede
– se non ti senti sicur* e hai paura di cadere non provare
– vuoi sentirti più sicur*, appoggiati a una sedia, tavolo, lavandino, mobile

Se hai un’altra tecnica di raccolta oggetti, ti andrebbe di condividerla?

Perché faccio vedere queste cose?

Perché spesso una persona con un certo tipo di patologia reumatica, nel tempo deve trovare nuove strategie per riuscire a fare le cose più semplici da sola.